Esistono storie che sembrano non esistere.

Storie che sembrano uscire dalla fantasia di scrittori satirici cresciuti a pane e Kafka.

Storie che vengono, manco a farlo apposta, dal nostro sud.

Dal nostro profondo sud.

Come la storia della pittrice finlandese che si è trasferita in Calabria per inseguire il mare, il sole, la cucina e il calore della gente, e che dopo soli tre mesi è costretta a fare dietrofront.

Un viaggio che era di sola andata, un trasferimento con famiglia al seguito, ma che adesso è diventata solo una parentesi di vita momentanea.

Già perché a far cambiare idea alla famigliola finlandese – madre, padre e tre figli – è lo stato di disorganizzazione in cui versano le scuole meridionali.

Dunque nessuna colpa di differenziata che non funziona, strade bombardate, ospedali fatiscenti e carenza di servizi.

A far ritornare la donna sui suoi passi sono stati i racconti dei figli di ritorno dalle lezioni.

“I prof urlano e sbattono sulla cattedra per farsi ascoltare, alcuni usano il fischietto e intere classi sono abbandonate nelle ore buca ai bidelli”.

Ma il racconto più sconvolgente arriva dal figlio 14enne.

“Mio figlio piccolo conosce l’italiano meglio dell’insegnante di Letterr”.

Ah, però!

O meglio: provaci ancora, prof!

Che le scuole del sud fossero in condizioni pietose lo sapevamo, ma questo è troppo anche per noi!

Va bene che in molte zone della Calabria l’italiano è la seconda lingua, ma neanche a fare così!

Termina, dunque, l’esperienza esotica della famiglia finlandese, sperando che questa storia sia di monito e di insegnamento – per l’appunto – a qualcuno affinché si aprano gli occhi sulle condizioni della cultura e della formazione nella nostra regione.