Tutte le vacanze presentano il loro conto.

Tutte le cose belle finiscono, ma ci sono alcuni addii sono un pochino più dolci di altri.

Rientri soft che ti mettono in pace col mondo: ritmi lenti e amici di una vita che sono lì ad aspettarti.

Così, dopo un anno e mezzo di smartworking, il trauma del rientro è più sopportabile.

È un tavolino di un bar con sopra un giornale fresco di stampa e un cornetto farcito alla crema. Non è una colazione, è LA colazione.

Il rito che sancisce l’inizio di ogni giornata lavorativa di un impiegato pubblico calabrese.

Calma, mi vida con calma! Canterebbe un autore reggaeton.

E dunque il 18 ottobre – data di rientro in ufficio per migliaia di dipendenti pubblici italiani – ci si vede alle 10.30, con calma e per favore, al bar sotto la sede. Ad aspettarti il quotidiano e il tuo cornetto preferito. I saluti di rito, i bentornato, i “Ma allora ci sei!?”

Tra una chiacchiera e un altro caffè si è fatto mezzogiorno, e tu alla scrivania non ci sei, anche se ufficialmente hai timbrato alle 8.30.

“Rientriamo ad ordinare il pranzo, sennò non ce lo portano più”, una voce si leva dal fondo del bar a rompere quell’incantesimo e quella tranquillità.

È il collega ansioso e zelante della 126, si ritorna alla triste realtà.

Testa bassa, arrivederci a tra un’oretta, al caffè dopo pranzo e tutti in ufficio.

Finisce il sogno.

Accendiamo il computer e vediamo che dice Facebook, Repubblica e Corriere.

Un click e una zommata sulle tette stratosferiche della Leotta.

Mancano dieci minuti all’una. Prepariamo il buono pasto per il ragazzo che consegna il pranzo.

Mica male come primo giorno di lavoro dopo un anno e mezzo trascorso sul divano.