Caldo. Un lungo viaggio alle spalle ancora prima di partire. La sete.

Inizia così la storia che ha cambiato per sempre il mondo della satira calabrese.

Protagonista un uomo, un fuorisede di stanza a Monterotondo, in provincia di Roma.

La sveglia all’alba nella giornata del suo sospirato rientro in Calabria: c’è da prendere un pullman fino a Termini e poi da lì la navetta per Fiumicino.

L’aereo è alle 11, ma Domenico – è questo il suo nome di fantasia – ha puntato la sveglia alle 5.

Per arrivare in tempo, per affrontare con calma ogni imprevisto, per non correre nessun rischio.

Con lui c’è Francesco, amico di una vita, domiciliato a Piazza Bologna.

“Ci vediamo a Termini alle 6.30 e prendiamo il bus per Fiumicino”.

Nella fretta di fare la valigia, nell’eccitazione della partenza, i due amici hanno dimenticato l’acqua.

‘Tanto la compriamo a Fiumicino’, hanno convenuto telepaticamente i due.

Un caldo a Roma che non ti dico, afa fin dalle prime luci del sole.

E così che Mico e Ciccio arrivano in tempo, meglio: in anticipo fantozziano a Fiumicino, all’aeroporto.

Hanno corso anche se erano in anticipo, sono le sette e il volo è tra quattro ore.

Trafelati e assetati, all’improvviso quell’urlo.

Alluddà u bar!”

Tre paroline magiche, ingenue ma troppo simili all’urlo di battaglia degli integralisti islamici.

Quell’Allah akbar che tanto panico ha seminato in tutta Europa.

Ed ecco che scatta immediatamente il piano antiterrorismo.

“Ciccio, alluddà u bar!”

Eccolo là il bar dove possiamo finalmente comprare le nostre agognate bottigliette d’acqua.

I due amici immobilizzati a terra e il vuoto che si crea intorno a loro.

Le loro espressioni stupite e le lingue felpate.

“Cercavamo il bar! Che succeriu?”

Eccolo l’imprevisto che rischia di far saltare tutto, altro che multa e carcere!

Qui il rischio è che salti il volo per Lamezia!

Un’ora di interrogatorio serrato, quindi il chiarimento.

Nessun terrorismo e nessun fanatismo, solo tanta tanta sete.

Mico e Ciccio sono rilasciati, ma controllati a vista fino all’imbarco.

Si torna in Calabria, e questo è il lieto fine.

E questo è l’importante.