È una storia incredibile quella che vi raccontiamo: una storia inverosimile, quanto giusta.

Un racconto ambientato in Calabria l’ultimo giorno dell’anno, il Capodanno appena passato.

Un fatto di cronaca che vede protagonista l’uomo e il suo miglior amico, il cane.

Una storia che travalica i confini del diritto e paradossalmente fa rispettare la legge, laddove i divieti non vengono rispettati.

Divieti come quello di accendere botti e fuochi d’artificio, diramato da quasi tutti i Comuni italiani e in praticamente tutti i Comuni italiani non rispettato.

Obbligo ispirato a principi di salute pubblica ‘umana’ e… animale.

Già perché negli ultimi anni la sensibilizzazione si è diffusa dalle bacheche social ai regolamenti comunali. Un tam tam che in Calabria non ci ha tuttavia impedito di assistere, impotenti, allo spettacolo di razzi terra-aria e fucilate dai balconi.

Almeno finché i cani non hanno deciso di… rispondere al fuoco.

Avete letto bene: dopo circa mezzora di deflagrazioni e pistolettate, infatti, dalle cucce nei giardini e dai canili qualcuno ha iniziato a sparare.

Non semplici ululati, ma sventagliate di mitra e colpi di mortaio.

Cani che, da soli o in branco, hanno pensato bene di reagire e mettere a tacere quei rumori che li stavano mandando al manicomio.

Un conflitto a fuoco in piena regola, proiettili indirizzati verso palazzi e villette che in breve hanno fatto indietreggiare i compari calabresi.

Una breve guerra, un atto di reazione dettato dalla disperazione, o forse qualcosa di organizzato?

Quel che è certo è che, in breve, i colpi sono cessati.

Investiti da quella pioggia di fuoco gli umani si sono chiusi in casa. Ottenuto quello che volevano, ovvero il silenzio, i cani hanno smesso di sparare.

Una storia a lieto fine, per una volta senza morti o feriti gravi.

Una lezione che i pistoleri calabresi non dimenticheranno facilmente.